domenica 30 novembre 2014

E' stata davvero una sorpresa ?


Don Camillo e Peppone
di Michele Petrino

Come tutte le elezioni di medio termine, le recenti votazioni regionali in Emilia-Romagna hanno la caratteristica di fornire interessanti istantanee dell'odierna situazione politica. Il gioco funziona a patto di non considerare queste istantanee come anticipazioni di una realtà mutevole e in continuo movimento. Data per acquisita questa raccomandazione, possiamo però certamente trarre qualche considerazione dal voto di Domenica 23.

sabato 22 novembre 2014

La bella principessa di Leonardo da Vinci in esclusiva a Urbino


"La bella principessa" di Leonardo da Vinci (wikipedia)
Il ritratto di dama in pergamena, asportato da un volume del ‘400 conosciuto come La Sforziade, è stato definito il più intrigante giallo della Storia dell’Arte: è la più recente attribuzione che riguarda Leonardo da Vinci, seguita a indagini scientifiche del 2009 per il ritrovamento di un'impronta. Ora il dipinto ritrovato torna in Italia, a circa 500 anni di distanza, e viene finalmente esposto agli occhi del grande pubblico.

La Bella Principessa è una giovanetta vista di profilo, con i capelli raccolti nell’acconciatura del coazzone, in voga alla corte Sforzesca. Probabilmente si tratta di Bianca Sforza, figlia illegittima del Duca di Milano e di Bernardina de Corradis, promessa all’età di dieci anni a Galeazzo Sanseverino, che la sposò nel 1496.

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Può un uomo essere clandestino sulla Terra ? Apriamo le vie legali




di Massimo Magnani 

Se esiste un aspetto che non riesco davvero a concepire in merito alla questione dell'immigrazione è questo:
perchè un essere umano che abita questo pianeta e che gode per questo dei diritti universali dell'uomo non può andare dove vuole ?
Qual'è sarebbe l'inveterato motivo che impedisce a questo UOMO di poter decidere dove vivere la propria vita e quella della sua famiglia?
Gli Stati Nazione sono dei luoghi che servono il cittadino e la comunità oppure sono gabbie in cui gli occupanti vengono gestiti, sorvegliati e direzionati ? (statistiche).

Il potere forte del cemento



www.maurizioacerbo.it
Questo intervento di Tomaso Montanari è apparso su La Repubblica. (Fonte immagine)

Lascia interdetti lo scaricabarile tra il Presidente del Consiglio e il Presidente della Liguria sulle responsabilità del dissesto del territorio italiano. E non solo perché è indecoroso mettersi a discutere mentre i cittadini e la Protezione civile lottano contro il fango: ma anche perché la questione è troppo maledettamente seria per liquidarla a colpi di dichiarazioni e controdichiarazioni tagliate con l’accetta.

Andrà scritta, prima o poi, la vera storia della cementificazione dell’Italia. Quella storia che oggi ci presenta un conto terribile. Andranno identificati, esaminati, valutati i giorni, le circostanze, i nomi, le leggi nazionali e regionali, i piani casa, i piani regolatori, i condoni, i grumi di interesse che – tra il 1950 e il 2000 – hanno mangiato 5 milioni di ettari di suolo agricolo. E che solo tra il 1995 e il 2006 hanno sigillato un territorio grande poco meno dell’Umbria, in un inarrestabile processo che oggi trasforma in cemento 8 metri quadrati di Italia al secondo: come ci ricorda un prezioso libretto di Domenico Finiguerra.

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Lettera a Giulio.....



La Prof continua a farci lezione...(per non dimenticare Loretta Bartolini)


Rimini 21.08.2002


Egr. Onorevole  Andreotti,



chi le scrive è una signora di Rimini, alle prese per la seconda volta con una tesi di laurea, essendo iscritta all’Istituto di Scienze Religiose della città.

 Mi sono permessa di scriverLe e di scomodarLa perché ho bisogno del suo autorevole parere su una questione che sto trattando nel mio scritto.

 Preciso subito che sto lavorando sugli scritti ed i libri di don Lorenzo Milani, quel sacerdote fiorentino ritenuto “scomodo” e confinato nella sperduta parrocchia di Barbiana, concentrandomi soprattutto su “Esperienze Pastorali” e “L’obbedienza non è più una virtù”.
 Le chiedo pertanto se può rispondere alle domande che seguiranno nel più breve tempo possibile, dovendo io discutere la tesi verso la metà di ottobre.
 Le confermo che quanto Lei gentilmente vorrà scrivermi sarà trascritto integralmente come documento in appendice alla tesi e che, ogniqualvolta dovrò citare le sue risposte, mi premurerò di virgolettare le sue frasi e di farne un corretto e preciso richiamo nelle note a piè pagina.
  Ora, come Lei avrà già intuito, mi preme conoscere umori ed opinioni circolanti all’epoca dei fatti.  Confidando fin d’ora nella sua intenzione di rispondermi e ringraziandoLa infinitamente in anticipo Le espongo le mie domande:


1) Nel 1965, quando don Milani scrisse “L’obbedienza non è più una virtù” schierandosi contro l’obiezione di coscienza e giudicando inconciliabili l’etica cristiana ed evangelica con l’etica militare [per cui riteneva una contraddizione in termini il solo fatto che dei cappellani militari elogiassero le guerre], Lei –come Ministro della Difesa- come reagì a quella pubblicazione ed ai successivi processi contro il priore di Barbiana?  Qual è la Sua opinione personale oggi?

2) Ritiene che l’avere preso posizione con circa trent’anni d’anticipo sulla questione dell’obiezione di coscienza (che oggi è un fatto acquisito) abbia il sapore della profezia, oppure si tratta semplicemente della conseguenza di un progresso civile o culturale della società italiana? Cioè –in sostanza- perché oggi quel libro passerebbe forse inosservato, mentre allora scatenò un putiferio? I tempi non erano maturi?

3) Posto certamente che si sta parlando di un sacerdote cattolico, che dunque fa della non-violenza evangelica il suo credo, come spiega Lei l’atteggiamento così accanitamente persecutorio che sia le gerarchie ecclesiastiche, sia quelle giuridiche, sia quelle militari vollero tenere nei confronti di don Lorenzo Milani?
E queste stesse autorità, attualmente, come si pongono rispetto alle idee del defunto prete fiorentino?

4) Lei come considera personaggi come: La Pira, Padre Balducci, don Mazzolari, don Milani? Sono “solo” degli uomini del loro tempo che hanno testimoniato a caro prezzo il disagio delle ingiustizie che denunciavano, oppure furono dei martiri, o cos’altro?

5)Che opinioni circolavano nella Democrazia Cristiana di allora sulle statistiche che sono riportate in “Esperienze Pastorali”, e cioè che proprio la sistematica denigrazione dell’operato dei partiti di governo faceva confluire voti alla DC e perderli al PCI  (che era all’opposizione) ? In altre parole, come mai il metodo di don Milani nella scuola popolare di Calenzano non fu appoggiato da quella stessa Chiesa che – dai microfoni degli altari- cooperava con la DC nelle varie campagne elettorali  (visto che si dimostrò un metodo vincente)?


 Rinnovo i miei ringraziamenti per l’eventuale risposta che Lei vorrà mandarmi, almeno per spirito di carità cristiana.  Per essere più esplicita le dirò che mi aspetto una risposta gratuita come dimostrazione che ciò che Milani predicava (e cioè il Vangelo) non è utopia.   In caso contrario, la ringrazio comunque dell’attenzione.  Nel porgerLe questi ringraziamenti fiduciosi, Le comunico tutta la mia ammirazione per la sua figura di statista di livello internazionale e le invio i miei più distinti saluti.

domenica 16 novembre 2014

Tre cose che metti sul podio della vita


La Prof continua a farci lezione...(per non dimenticare Loretta Bartolini)

Fabio Fazio nella sua trasmissione a volte fa un “gioco” con i suoi ospiti: fa dire quali sono le 3 cose ( non persone, al massimo fatti) che salverebbero in un ipotetico podio della propria vita.

Mi sono detta :quali cose io salverei della mia vita e perché?

sabato 8 novembre 2014

Liberi grazie a Voltaire




Voltaire,  pseudonimo di François Marie Arouet Parigi, 21 novembre 1694 – Parigi, 30 maggio 1778), è stato un filosofo, drammaturgo, storico, scrittore, poeta, aforista, enciclopedista, autore di fiabe, romanziere e saggista francese.
La vita stessa di Voltaire ha l'aria d'un racconto fra i suoi racconti. C'è vaudeville, favola, riflessi di dramma e apoteosi nella sua storia. Si fa ammirare, adorare, aborrire, odiare e venerare, bastonare e incoronare, con una sorta di padronanza enciclopedica nell'arte di suscitare i sentimenti più diversi, di crearsi dei nemici mortali, dei devoti e dei fanatici, di non essere indifferente a nessuno, mentre niente d'umano gli è estraneo, e una curiosità mai soddisfatta lo tormenta. 

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Comunicazione politica: perché argomentare è passato di moda?


Matteo Renzi
Nell’attuale dibattito politico (e non solo) mi sembra che l’asserzione guadagni ogni giorno un po’ di spazio rispetto all’argomentazione. Se è così, può non essere inutile chiedersi: perché? E con quali conseguenze?
In un precedente post (per i commenti al quale ringrazio tutti coloro che hanno espresso la loro opinione), ho già ricordato i vantaggi che esprimersi per asserzioni offre a tutti coloro il cui obbiettivo è produrre consenso(non solo i politici: pensate p.e. ai pubblicitari). Le asserzioni sono comunicazione allo stato puro; schematiche, dirette, danno per scontata la verità dei contenuti che trasmettono, si rivolgono molto di più alla sfera emotiva che a quella razionale dell’ascoltatore: e catturano l’attenzione, creano un “noi” che si oppone a un “loro” e dunque indicano una missione e offrono un’identità. E’ una tecnica comunicativa che ha una lunga e gloriosa storia: per citare solo due esempi ben noti, fu usata anche da Pericle in Atene, nel V secolo a.C. e da Cicerone a Roma nel I° secolo a. C.

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Orme sulla sabbia



di Loretta Bartolini
Rimini, 11.06.2011




Cara 4^ F, già da giorni mi circola intorno questa notizia della “sorpresa” -ancora misteriosa per me- che avete intenzione di farmi, e già da ora questo vostro pensiero mi intenerisce e mi commuove. Così gioco d’anticipo e, quando voi mi consegnerete il vostro pensiero, anch’io vi consegnerò il mio.
Tutta questa circolazione d’affetto reciproca è il segno più evidente del bel rapporto che si è creato tra noi, fatto di autenticità e schiettezza, spontaneità e naturalezza.
In una parola: nella mia ora ognuno è se stesso e lo può essere senza maschere perché, insieme, abbiamo imparato che l’importante è il rispetto reciproco: accettarsi e volersi bene per quello che si è, pregi e difetti compresi.


Cari ragazzi potrei confidarvi che da tempo lotto contro questo nemico subdolo, indolore ed invisibile che è il tumore al seno. E poiché nel luglio 2010 è tornato a farsi vivo, avevo -già in settembre- qualche timore che non sarei riuscita a finire l’anno scolastico in santa pace.
È stato già un bel successo per me essere arrivata a far lezione fino al 28 aprile (anche se, voi soprattutto, vi sarete certamente accorti che -alla 6^ ora- negli ultimi mesi avevo veramente le pile scariche).
Convivo ormai da anni in conflitto col mio fisico, che ogni tanto (per colpa della malattia) tradisce le intenzioni della mente e vanifica tutte le mie iniziative ed i miei progetti.
Eppure la malattia e questo corpo che hanno “messo il bastone tra le ruote” ai miei ingranaggi in piena corsa…mi hanno anche insegnato qualcosa:
1) la malattia mi ha insegnato che la salute è un bene fondamentale e che non bisognerebbe  abusarne mai, ma rispettarla come un dono che siamo chiamati ad amministrare al meglio, non a guastarla. Ogni sera, pregando, bisognerebbe ringraziare Dio per la salute di cui abbiamo goduto inconsapevolmente.
2) la malattia mi ha insegnato la pazienza: aspettare anche per ore il proprio turno nelle sale d’attesa di ambulatori ed ospedali; aspettare che passi la febbre o che faccia effetto un farmaco; trascorrere ore da soli nel letto; non poter fare ciò che si vuole.
3) la malattia mi ha insegnato la fiducia: io non vorrei fare una certa cura ma il medico la consiglia; io vorrei procedere in un modo e lui ne impone un altro. L’esperto è lui: è necessario imparare ad affidarsi [anche se, al tempo stesso, è bene studiare il proprio caso per non essere del tutto sprovveduti].
4) la malattia mi ha insegnato l’umiltà: mostrarsi agli altri -per forza di cose- pallidi e debilitati, deboli ed inermi; doversi fare servire perché senza forze; capire che non si è onnipotenti ma in balìa dei propri limiti umani …, fa mettere da parte ogni orgoglio inutile e ogni vanità. [anche se poi io non voglio mai cadere nella sciatteria e –anche se ho la febbre- cerco di alzarmi, vestirmi, essere presentabile].
5) la malattia mi ha insegnato la speranza: essa crea infatti speranza nelle persone ottimiste e rassegnazione in quelle pessimiste. Io appartengo al primo gruppo: ho tutta l’estate per combatterla. Per uno che ha la fede, inoltre, speranza è anche affidarsi a Dio, sapendo che Egli vuole solo il nostro bene. Questo provoca interiormente un atteggiamento di serena accettazione (che non è malinconica rassegnazione) che dà pace e manda via la disperazione.

Per i cristiani poi, paradossalmente, anche la sofferenza ed il dolore acquisiscono un risvolto positivo se si osserva la vicenda terrena di Gesù Cristo. Se Lui, che i cristiani credono Dio-fatto-uomonon ha voluto sfuggire alla sofferenza e – attraverso la Sua – ha voluto redimere l’umanità (cioè ne ha fatto uno strumento di salvezza stranissimo e misterioso) beh … allora, caspita … mi sono detta => la sofferenza non va vista né vissuta solo come maledizione.
A me Lui ha insegnato che la malattia si può «offrire» come una sorta di preghiera spirituale, come un sacrificio invisibile al posto di quello reale di animali sugli altari o di Isacco. Dio non vuole più quei sacrifici lì (infatti quello di Isacco l’ha sventato) ma desidera gesti d’amore verso di Lui e verso il prossimo.
Anche offrire una sofferenza, una gioia, un turbamento, un problema … può essere un gesto d’amore e di affidamento che dà un senso a ciò che si sta passando. E, ragazzi, quando le cose e le situazioni hanno un senso svanisce ogni paura e ci si ritrova pieni di forza, di coraggio e di speranza (tanto che la gente se ne meraviglia).
E anche questo non è merito mio: come dice la storiella che vi allego (molto famosa): “è Gesù che ti porta in braccio”.

Ho imparato che la malattia è come una spugna che lava via le cretinate superflue della vita a cui magari si dava troppa importanza e ci fa concentrare sul valore della salute, del tempo a disposizione e degli affetti veri.

Cari ragazzi e ragazze, una stima elevata ed un amore quasi materno mi legano a voi e questo è per me un forte stimolo per tornare a scuola a settembre, perché davvero desidero rivedervi tutti e ricominciare i nostri dibattiti su ogni tipo di argomento. Sarebbe un dispiacere perdervi di vista. Perciò lotterò per esserci, pimpante o deboluccia, tanto ho voi che correte per me: mi venite incontro, mi portate lo zaino, mi rimediate i giornali e mi andate a fare le fotocopie.

Scriverei per ore, ma non ho più parole per dire la riconoscenza che sento nel cuore per voi e perciò concludo con un semplice: GRAZIE ad ognuno di voi.

Un abbraccio, la prof.
Loretta  Bartolini

(Questo grazie, questo saluto e questo abbraccio comprendono nelle mie intenzioni e nel mio cuore anche gli alunni e le alunne che non frequentano l’ora di religione, e che infatti esercitano un loro diritto, che -indirettamente- richiama proprio a quell’essere se stessi ed a quel rispetto reciproco di cui parlavo prima. Questa lettera è anche per loro).





“Orme sulla sabbia”
“Ho sognato che camminavo in riva al mare con il Signore e rivedevo sullo schermo del cielo tutti i giorni della mia vita passata. E per ogni giorno trascorso, apparivano sulla sabbia due orme: le mie e quelle del Signore. Ma proprio nei giorni più difficili della mia vita ho visto un’orma sola. Allora ho detto: “Signore, tu avevi promesso di starmi sempre accanto. Perché mi hai lasciato solo proprio nei momenti più difficili?
E Lui mi ha risposto: “Figlio, tu lo sai che io ti amo e non ti ho abbandonato mai: i giorni nei quali c’è solo un’orma sulla sabbia, sono proprio quelli in cui ti ho portato in braccio”.                              (anonimo brasiliano)




sabato 1 novembre 2014

Amo Fellini, amo il cinema


di Nino Celli
Certo non mi sarei mai immaginato di scrivere qualcosa su Federico Fellini, ma è bastato l’invito a farlo di un amico che conosce bene la mia passione per ritrovarmi qui oggi 31 Ottobre anniversario della sua morte a provare ad esprimere ciò che questo grande maestro ha suscitato e continua a suscitare in me quando vedo un suo film o leggo ciò che ha raccontato nelle sue varie interviste.


Il primo film che ho visto è stato I Vitelloni. Ero un bambino e ricordo che gli adulti mi dicevano “Chi ha fatto questo film è di Rimini”. 
Ero adolescente quando vidi Amarcord, fu amore a prima vista, mi domandai quanto fosse grande la mente di un regista che riusciva a trasmettere delle emozioni così profonde e belle, spesso mi sembrava di essere li al fianco dei personaggi, dentro il film. Da allora amo il cinema. 
Negli anni ho visto tutti i films di Fellini e so riconoscere ogni fotogramma delle sue pellicole.
E' unico, e capace di descrivere la vita spingendosi oltre la realtà, accarezzando i sogni caricandola di poesia.


Ricordo un fatto piuttosto curioso accaduto a Riccione che fu la causa per la quale Federico decise di non guidare più.
Era estate, lui si trovava a percorrere con la sua Mercedes via Milano e ad un incrocio con una strada della zona viale Giardini ebbe un incidente che vide coinvolto un pedone bambino. 
La gente subito si raccolse intorno al sinistro e senza avere visto nulla, giudicò automaticamente e a prescindere che la colpa era attribuibile alla vettura. Fellini ci rimase molto male, tanto che si ripromise di non guidare mai più.
Ma poi come capita spesso nei suoi films, come per magia, tra le persone che curiosavano si udì un mormorio.....é Fellini il regista della Dolce Vita.......fu allora che un turista gli propose di acquistare la Mercedes ammaccata, così come si trovava.
Da quel momento cambiò tutto.

A lezione di cinema da Francois Truffaut


Francois Truffaut
di minima&moralia pubblicato martedì, 21 ottobre 2014 

Il 21 ottobre 1984 moriva François Truffaut. Pubblichiamo un estratto da Il piacere degli occhi, pubblicato da minimum fax. Traduzione di Melania Biancat.

Sono l’uomo più felice del mondo, ecco perché: cammino per strada e vedo una donna, non alta ma ben proporzionata, molto scura di capelli, molto decisa nell’abbigliamento, con una gonna scura ad ampie pieghe che si muovono al ritmo del suo passo piuttosto rapido; le calze scure sono di certo ben agganciate al reggicalze perché sono tese in maniera impeccabile; il viso non è sorridente, questa donna cammina per strada senza cercare di piacere, come se fosse inconsapevole di ciò che rappresenta: una bella immagine carnale della donna, un’immagine fisica, meglio di un’immagine sexy, un’immagine sessuale. Un passante che la incrocia sul marciapiede non si lascia ingannare: lo vedo che si volta a guardarla, fa un mezzo giro e la segue. Osservo la scena. Ora l’uomo è arrivato all’altezza della donna, le cammina a fianco e le mormora qualcosa, sicuramente le solite banalità: beviamo qualcosa, eccetera. Lei comunque gira la testa dall’altra parte, accelera il passo, attraversa la strada e scompare dietro il primo angolo mentre l’uomo va a tentare la fortuna da qualche altra parte.