sabato 9 maggio 2015

C'era una volta la storia dell'arte

Giudizio Universale - anima in pena (particolare)
di Tomaso Montanari

«Un impegno mantenuto e una scelta di civiltà: il ritorno della storia dell’arte e della musica nelle scuole», ha annunciato il ministro per i Beni culturali Dario Franceschini. Ma in questi giorni un vasto movimento di insegnanti di storia dell’arte si chiede se le cose stiano davvero così: e a leggere il disegno di legge sulla cosiddetta Buona Scuola lo scetticismo appare del tutto fondato.
Nel testo, infatti, non si parla mai di un insegnamento curricolare di ‘storia dell’arte’, ma genericamente di «potenziamento delle competenze nella musica e nell’arte» e di «alfabetizzazione all’arte, alle tecniche e ai media di produzione e diffusione delle immagini». Cioè: non si studieranno Giotto e Caravaggio come si studiano Dante e Galileo, ma ci sarà una infarinatura di «immagini», fossero pure quelle dei cartelloni pubblicitari.

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IL TEMPO DELL'ASCOLTO

di Eleonora e Alvise

26 Settembre 2014, Iguala, Guerrero, Messico. Due aggressioni ravvicinate. Di ritorno da un volantinaggio, 43 studenti della scuola Normal Rural di Ayotzinapa vengono sequestrati. Tre uccisi sul posto. Un pullman di calciatori, scambiati per manifestanti, viene attaccato: l’autista, un ragazzo e una passante vengono uccisi. Agenti della polizia locale, federale e dell’esercito messicano gli autori materiali di questo massacro.

Ottobre 2014. Nasce l’assemblea de Los padres y madres de Ayotzinapa. Con cadenza mensile promuove manifestazioni congiunte a livello nazionale, assemblee e differenti forme di interlocuzione con la società civile, i media e i poteri statali. “Aparicion con vida”, l’unica domanda. É altissima la partecipazione sociale a incontri e mobilizzazioni. Il governo chiude le indagini: “Ci dispiace, i ragazzi sono morti”, politici locali in combutta con i narcos gli autori e i mandanti.

sabato 2 maggio 2015

Verginità - parte finale -

di Michele Petrino

Giancarlo Giannini era ben coscio che da un momento all’altro quella porta avrebbe potuto aprirsi. Era ben consapevole di cosa probabilmente lo avrebbe aspettato, ma dentro di se sentiva di non essere pentito. Anche se probabilmente aveva sacrificato la sua grigia e piatta vita; anche se probabilmente lo aveva fatto per gente che non lo meritava e che con ogni probabilità non avrebbe raccolto il messaggio, che con il suo gesto, aveva voluto lanciare. Sentiva ciononostante di aver fatto la cosa giusta e di averla fatta con creatività. Questo pensiero gli riempiva l’essere di una gioia, che mai avrebbe più sperato di provare. Aveva lasciato un segno. Al suo gesto sarebbe seguito un clamore, che magari sarebbe stato subito soffocato da chi di dovere, ma quel tanto bastava a se stesso. Per lui era sufficiente. Venisse adesso quel che doveva venire. Tornò sui suoi fogli. Quelli contenuti nel quaderno cui aveva affidato per lungo tempo le sue speranze. Speranze che adesso aveva visto realizzate e che poteva toccare con mano. Tra le sue dita, frusciavano le pagine che aveva riempito con le sue storie. Si fermò a riflettere a tutti i personaggi che aveva inventato, da quando aveva riacquistato la capacità di scrivere. Pensò poi a tutti quelli di cui avrebbe potuto ancora scrivere e sentì nascere dentro di se uno strano attaccamento alla vita. Questa sensazione gli procurò una fitta allo stomaco, che cercò di vincere rileggendo il racconto, che tra i pochi che aveva scritto, era quello che preferiva. Parlava di un minorato mentale, un povero freak che finiva i suoi giorni in un manicomio criminale.