sabato 28 maggio 2016

Estate

Estate – Giuseppe Arcimboldo – 1563 – Kunsthistorisches Museum – Vienna
di Massimo Magnani

Giuseppe Arcimboldo, artista lombardo, divenne famoso con le sue opere inedite dall’interpretazioni allegoriche soprattutto alla corte degli Asburgo.
Questi commissionarono moltissime copie da regalare a parenti, dignitari o conservare nei propri appartamenti.

L’Estate che appartiene alla prima serie delle Stagioni,  eseguita per Ferdinando I, è considerata, in questo senso, uno dei capolavori di Arcimboldo: il volto di profilo che vi compare è costituito da spighe di grano e da qualità di frutta e ortaggi che maturano nella stagione estiva. La composizione, che a prima vista appare confusa per l’inconsueto e strabiliante assemblaggio, è in realtà armonica e ricca di fascino, anche grazie al sapiente uso dei colori e alla minuziosa descrizione dei particolari.
Dopo la serie dedicata alle Stagioni, seguirono quattro tele ispirate agli Elementi naturali tra cui assai affascinante è quella dedicata all’Acqua, in cui una ingegnosa e oculata disposizione di pesci delle qualità più varie, perle, conchiglie e coralli vanno a rappresentare il volto di un uomo.

Secondo alcuni studiosi, celate sotto le artificiose fisionomie che compaiono nei dipinti dell’Arcimboldo, sarebbero le figure dei personaggi delle corte asburgica.

In fondo gli stessi erano animati da uno spirito collezionistico insaziabile che li portava a raccogliere oggetti d’arte, curiosità, stravaganze di ogni sorta, compresi animali esotici e rarità del mondo vegetale e minerale.

sabato 21 maggio 2016

El beso

Il bacio – Francesco Hayez – 1859 – Pinacoteca di Brera – Milano
di Massimo Magnani

Appena esposto in pubblico, nel 1859, questo dipinto deve aver destato molto scalpore ai benpensanti dell’epoca.
Rappresentare un bacio così vero può aver turbato qualcuno, ma l’opera riscosse comunque unanimi consensi.
Lo spirito di esaltazione romantica che incarna il dipinto, cela con mirabile equilibrio il sentimento civile, dietro la giustificazione di un episodio amoroso.
All’indomani dell’ingresso di Vittorio Emanuele II e Napoleone III a Milano nel 1859, nella felice atmosfera di esaltazione patriottica che ne conseguì, l’amante con il cappello piumato appariva agli osservatori più scaltri come il volontario in procinto di prendere le armi contro l’odiato nemico, ma straziato dall’universale dilemma dell’eroe romantico, costretto a scegliere tra l’amor di patria e l’amore individuale.
La tela divenne subito un’ icona, dal significato emblematico, della pittura ottocentesca italiana.


La scena, toccante e piena di mistero, si svolge in un interno medievale sapientemente allineato attraverso pochi dettagli: lo spoglio parametro di pietra, l’esile semicolonna gotica addossata allo stipite del portale e la bifora che si intravede sulle scale. L’ambiente potrebbe ugualmente riferirsi al Medioevo come all’Ottocento, fornendo quindi una ambiguità sospesa in un’ineffabile indeterminatezza tra passato e presente.

sabato 14 maggio 2016

La belle Jardinière

       Madonna col Bambino e san Giovannino
                    detta La belle Jardinière
          Raffaello – 1507 – Louvre – Parigi
di Massimo Magnani

Raffaello giunse a Firenze nel 1504 con una lettera di presentazione della sorella del duca di Urbino: in essa si dichiarava che il pittore veniva in città a studiare le opere d’arte per imparare su di esse.
La Belle Jardinière, il cui nome deriva dalla florida bellezza della donna raffigurata, fu proprio il risultato di questo insegnamento: l’attenzione con cui Raffaello studiò le opere di Leonardo e di Michelangelo ebbe gran peso nell'elaborazione del dipinto, che riflette le loro conquiste soprattutto nella struttura compositiva e nella forza plastica delle figure.

Raffaello, chiamato a Roma da Papa Giulio II fece terminare l’opera dal suo seguace Ridolfo del Ghirlandaio perché la completasse con un manto azzurro.
Una volta concluso il dipinto fu portato a Siena dove rimase fino all'acquisto di Francesco I di Francia.

In questo quadro l’omogeneità formale nasce dalla stretta relazione tra i personaggi, riuniti in un'unica compatta struttura dominata dalla figura della Vergine. Il dolce intreccio degli arti e lo scambio affettuoso degli sguardi che coinvolgono la Madonna, Gesu e san Giovannino, accentuano lo schema chiuso della composizione e, al tempo stesso, conferiscono al dipinto una grazia assoluta.
Colore e geometria si integrano nella rotondità delle figure che acquistano così una fisica consistenza pur rimanendo immagini idealizzate di una bellezza divina.


sabato 7 maggio 2016

Giovanni Antonio Canal, detto “Canaletto”

Ricevimento dell’ambasciatore francese a Palazzo Ducale- Canaletto
(1720 circa) – Ermitage – San Pietroburgo.
di Massimo Magnani

Giovanni Antonio Canal, detto “Canaletto”, fu veramente un uomo dei secoli dei lumi.
Nei suoi dipinti sussiste un dominio incontrastato della luce, come dire della “ragione”.

Il dipinto conservato all’Ermitage illustra il momento culminante dell’arrivi a Venezia dell’ambasciatore francese Jacques-Vincent Languet, conte di Gergy, avvenuto il 4 novembre del 1976, e forse costituisce l’esordio dell’artista nel campo specifico della rappresentazione di eventi pubblici.
In esso ogni elemento è descritto con sfolgorante nitidezza: la mole del Palazzo Ducale, le vesti sontuose dei personaggi del corteo, le gondole nere che punteggiano il canale, i remi che incidono, netti, le lievi onde sulla superficie dell’acqua.
               
E’ intorno alla metà degli anni Venti del secolo che l’artista abbandona gli effetti chiaroscuralli tipici delle sue opere precedenti, per adottare una “maniera chiara”, che da qui in poi avrebbe caratterizzato tutta la sua produzione.

Dietro ad alcune sue tele, Canaletto ebbe lo scrupolo di apporre un iscrizione, nella quale specificava di aver ritratto la scena “con ogni maggiore attenzione”: nelle sue opere Venezia, la città lagunare, appare come un sogno, trasfigurata da una atmosfera magica, come sospesa, che la rende estranea allo scorrere del tempo e, dunque, a quel processo di decadenza che pure, all’epoca in cui l’artista visse e operò, era già in atto da tempo.