sabato 11 ottobre 2014

Perchè Federico Fellini rinunciò alla Laurea ad honorem

Pubblichiamo la lettera di rinuncia ad una laurea honoris causa che il Maestro scrisse al Professor Roversi dell'Ateneo di Bologna nel 1993.

Una lettera che ci porta a riflettere sull'estrema sensibilità di Federico Fellini dedito a scusarsi con una misura e autenticità davvero rara e che certifica ancora una volta lo stato di grazia e l'acume dell'artista riminese.
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Gentile Professor Roversi,
sono venuto a conoscenza della sua generosa intenzione di onorarmi con una laurea del glorioso Ateneo di Bologna. E' un segno di stima, di attenzione al mio lavoro, che mi lusinga e mi onora anche se ancora una volta sono chiamato a fare i conti con un meccanismo psicologico di resistenza di cui non so fare chiarezza, ma che da sempre mi spinge, imbarazzato e colpevole, a rinunciare a questi eventi di festa.



Non riesco a rallegrarmi e a partecipare con prevedibile entusiasmo alle notizie di premiazioni, rimeriti, onorificenze riferiti alla mia persona: nel momento stesso in cui mi vengono attribuiti è come se fossi costretto a riconoscermi, indebitamente, nella loro autorevolezza e ufficialità. E subito sprofondo in un annaspante disagio, uno stato di infelicità da cui d'istinto rifuggo, provo a sottrarmi, e faccio di tutto per evitare le occasioni.
Mi consenta la confidenza un pò disinvolta, ma mi sento come Pinocchio decorato dal Preside e dai Carabinieri per essersi divertito nel Paese dei Balocchi; c'è una specie di capovolgimento delle regole in gioco che mi lascia disorientato e scontento. Io spero che lei, caro professore, perdonerà questa sincerità con la quale si è soliti rivolgersi piuttosto ad un amico, come io del resto non posso non considerarla, avendo lei promosso questa iniziativa prestigiosa per onorarmi.
Ma proprio in grazia di tale sentimento le chiedo un pò di complicità, e di credermi se le confesso che nella stessa misura in cui una proposta di laurea della sua celebre e antica università mi riempie di orgoglio, altrettanto mi raggiunge con quel senso di imbarazzo e inappartenenza che proverei nel fregiarmene. Già in un'altra occasione sono stato costretto per questi limiti del mio carattere, a scontentare alcuni amici entusiasti che avevano deciso di dottorarmi alla Università di Urbino, e a deludere con la mia rinuncia il Professor Carlo Bo che ebbe a rimbrottarmene con affettuosa e intelligente bonomia.
Mi creda, è più forte di me. Sarei indotto a forzarmi in un ruolo, un comportamento, un atteggiamento mentale che non mi appartengono e che finirei per vivere con autentico malessere. Mi auguro soltanto che una persona della sua dottrina riesca a capirmi - se non a condividermi - più di quanto io possa sperare. E a non equivocare questo mio atteggiamento per snobismo, o superficialità, o peggio supponenza, oppure ingenerosità nei confronti del mio stesso lavoro, come se non volessi attribuirgli l'importanza che gli altri mostrano di riconoscergli. Al contrario, proprio perchè sono grato al mio lavoro, mi sento già assolto, e forse già premiato, dell'aver fatto i miei film, perché mi sono divertito a farli; e magari di continuare, con un pò di fortuna e con la complicità e l'amicizia delle persone che come lei mostrano di apprezzarli con tanta generosità.
Questo non deve dispiacerle, gentile professor Roversi; perché lo scambio di grazia e gentilezza che doveva avvenire fra di noi in conseguenza del suo gesto è già avvenuto, io sono già suo debitore, come lo sono dell'intero Consiglio di Ateneo che con lei ha voluto condividere l'intento.


Federico Fellini
Roma, 8.2.1993

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