martedì 30 settembre 2014

Firenze forum mondiale Unesco


Firenze
Forte dello scettro di Paese col maggior numero di "tesori" dichiarati patrimonio dell'Umanità (50), l'Italia si prepara a ospitare il terzo Forum mondiale dell'Unesco sulla cultura e le industrie culturali. L'appuntamento - dopo i meeting 2009 e 2011 tenuti nella Villa reale di Monza - trasloca (dal 2 al 4 ottobre) in Palazzo Vecchio a Firenze, nel cuore del centro storico toscano dichiarato patrimonio dell'Umanità nel 1982.

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sabato 27 settembre 2014

Gli effetti nefasti dei talk show


www.mondoallarovescia.com

di Michele Petrino
Guardare tutti quei talk show fa davvero male.Passo da un canale all'altro e senza soluzione di continuità gli stessi temi si involvono gli uni dentro gli altri senza arrivare ad alcuna soluzione. Senza riuscire a dipanare una matassa talmente ingarbugliata che sembra nemmeno contemplare la possibilità di essere sbrogliata.Il numero dei programmi televisivi con ospiti politici è in costante aumento. I loro conduttori sono le vere star del palinsesto. I loro programmi fanno a gara anche nella durata: finiscono sempre più tardi. Ogni tanto qualcuno di questi talk ti aggancia nel suo flusso di chiacchiere e ti trascina giù in una folle caduta senza alcun centro di gravità, privando del sonno i tuoi poveri occhi stanchi dalle fatiche quotidiane e, se non hai la forza di mandarey mentalmente a quel paese tutta quella inconcludenza, ti capita pure di addormentarti sul divano e cominciare a sognare sogni a tema...... tipo quella volta in cui mi sono ritrovato a guardare quel talk show in cui si dibatteva dello stato del parlamento italiano e dell'incapacità dello stesso di eleggere i due membri "politici" della Corte Costituzione. La situazione di stallo quella volta fu risolta da un evento eccezionale su cui si fecero diversi speciali televisivi prima di abbandonare il tema alla ricerca di nuove e più fresche notizie.A quel tempo il parlamento italiano era abitato da loschi figuri, da benpensanti che avevano perso in poco tempo verginità ed illusioni, militanti di ferro che si erano adeguati in fretta alla loro irrilevanza ed una massa di ex professionisti che, a prescindere dalla maglia politica che vestivano, vivevano l'esperienza parlamentare come una ulteriore e prestigiosa tappa della propria sfolgorante carriera. 

Adorazione dei Magi di Leonardo


artempori.wordpress.com
Roma - 23 set (Prima Pagina News) Questa mattina, all’Opificio delle Pietre Dure e Laboratori di restauro della Fortezza da Basso di Firenze, si sono presentati i risultati della prima fase dell’intervento di restauro sull’Adorazione dei Magi di Leonardo da Vinci, alla presenza di Cristina Acidini, soprintendente per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, di Marco Ciatti, soprintendente dell’Opificio delle Pietre Dure, di Antonio Natali, direttore della Galleria degli Uffizi e di Maria Vittoria Rimbotti, presidente degli Amici degli Uffizi. Grazie al sostegno degli Amici degli Uffizi – che inizialmente hanno messo a disposizione 170mila euro - il capolavoro di Leonardo, dipinto su tavola, raffigurante l’Adorazione dei Magi (cm 246x243), iniziato nel 1481 per il monastero di San Donato a Scopeto e lasciato incompiuto, nel novembre del 2011 è stato trasferito dalla Galleria degli Uffizi al Laboratorio di restauro dell’Opificio delle Pietre Dure alla Fortezza da Basso. Durante il primo anno l’opera è stata sottoposta a un’articolata serie di indagini diagnostiche per capire a fondo lo stato di conservazione del supporto ligneo (che è stato modificato dimensionalmente nel tempo), e della superficie pittorica preliminare che Leonardo aveva iniziato a comporre. Quindi è iniziato una prima fase dell’intervento di restauro, dedicato alla parte pittorica, che si concluderà entro l’estate del prossimo anno. A seguire, verrà effettuato il restauro del supporto ligneo, necessario per assicurare solidità alla tavola e per evitare negative ripercussioni sulla pittura. Presumibilmente, l’opera tornerà agli Uffizi entro la fine del 2015 e ad accoglierla troverà un nuovo allestimento della Sala 15 della Galleria; infine una pubblicazione ad hoc nel 2016 testimonierà scientificamente ogni fase dell’intervento. “Si tratta di un altro momento molto importante nella storia del restauro del capolavoro di Leonardo - ha affermato il Soprintendente per il Polo Museale Fiorentino, Cristina Acidini - in cui l'Opificio delle Pietre Dure presenta i risultati dell’intervento sulla parte pittorica, che si rivela anche come progresso decisivo delle nostre conoscenze sul quadro, sia dal punto di vista delle materie presenti sulla tavola e nelle loro diverse stratificazioni, sia riguardo alle modalità di esecuzione originali, offrendo quindi opportunità nuove d’interpretazione dell’Adorazione dei Magi nel suo insieme e nei particolari”. Per il Direttore della Galleria degli Uffizi, Antonio Natali, “Quello che la pulitura sta rivelando, nelle parti dov’è ormai compiuta, consente d’apprezzare ciò che prima si poteva solo intuire leggendo i referti agl’infrarossi. Ora si può dire con assoluta certezza che a restauro concluso gli occhi d’ogni visitatore degli Uffizi potranno darsi ragione d’una trama teologica che s’era potuto ricostruire solo in virtù delle indagini. E così viepiù si concreta la nostra aspirazione a fare del museo un luogo d’educazione più che di stupore”. Da parte sua la Presidente degli Amici degli Uffizi, Maria Vittoria Rimbotti, ha sottolineato che “Sono passati due anni dall’inizio del restauro, operazione lunga ed estremamente delicata che l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze sta conducendo con quella professionalità ed estrema perizia che l’ha portato a essere uno dei punti di riferimento per il restauro a livello mondiale”. “Fin dai suoi inizi - continua Maria Vittoria Rimbotti - gli Amici degli Uffizi sono stati vicini a questo intervento. Nel 2012, per festeggiare il ventesimo anniversario della nostra fondazione, abbiamo sostenuto le spese delle indagini diagnostiche. Ci sembrato quindi doveroso che l’Associazione, che ho l’onore di presiedere, continuasse ad aiutare economicamente il proseguimento dei lavori”. Più tecnicamente, il Soprintendente dell’Opificio delle Pietre Dure, Marco Ciatti, ha detto che “In questa seconda conferenza stampa dedicata al restauro dell’Adorazione dei Magi di Leonardo della Galleria degli Uffizi, possiamo affermare che le problematiche e i risultati sperati, anticipati e proposti nel precedente incontro e frutto delle indagini diagnostiche svolte sull’opera, si sono col tempo pienamente realizzati, facendo tuttavia emergere anche interessanti novità. In realtà ora vediamo chiaramente e in maniera inconfutabile che l’intervento di pulitura, tramite un leggero, graduale e differenziato assottigliamento dei vari materiali sovrapposti nei secoli dai vari manutentori e restauratori delle Gallerie sulla superficie, era assolutamente doveroso e tecnicamente possibile”.

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La Pazienza



Viviamo tempi moderni che ritmano la nostra vita ricorsiva. Schiavi del Dio Crono e della tirannia dell' urgenza noi non sappiamo più vedere e goderci le cose. Troppo veloce scorre il mondo è l'homo currens deve inesorabilmente adattarsi e correre. Schiacciati su un presente che dal nulla nasce e che al nulla fa ritorno, attendiamo l'eterna promessa di un futuro migliore, che non conosciamo e che spesso attendiamo  oramai più come una minaccia che come una speranza.
I Latini dicevano hic et nunc, qui ed ora, centrati sul tempo del vivere......"felice è quell'uomo che, sicuro di sè, può dire oggi io ho vissuto" (Orazio*). Allora necesse vivere una vita senza scarti, piena, intensa, profonda senza mai dimenticare che vivremo un tempo relativo (il nostro) dentro un tempo indeterminato (la Storia).
Ciascuno é figlio del suo tempo, a noi spetta stabilirne la misura. Io dico che è l'uomo la misura di tutte le cose. 
di Massimo Magnani

Non c’è più tempo, tutto è qui ed ora e, dunque, non ha senso avere pazienza e, anzi, è una contraddizione inaccettabile per una società volta al futuro e a un pragmatismo esasperato e ossessionato dal risultato.
E se, invece, cominciassimo a vedere la pazienza non solo come rassegnazione, ma una dilazione, il ritardo di un temporeggiamento che si riverberà sulla qualità della decisione ?

tratto da Luciana Regina, Pazienza, Mursia editore 2014

*Ille potens sui laetusque deget cui licet in diem dixine Vixi.

domenica 21 settembre 2014

La soluzione post-ideologica



di Massimo Magnani

L'Italia è ferma da 20 anni, le previsioni del Pil sul 2014 sono dello -0,2 % , il debito pubblico ha raggiunto livelli record (2.168 Mld di euro), ma il punto nodale per le imprese italiane, sarebbe la libertà di licenziare.
Per questo motivo si lavora ad un  disegno di legge sul lavoro (che non c'è) che dovrebbe facilitare le assunzioni  (i licenziamenti).
Per mostrarsi deciso e post-ideologico il partito di maggioranza del governo (di sinistra) decide che nella legge verrà riscritto (smantellato definitivamente) l'articolo 18.
Il "totem" deve essere abbattuto, superato, secolarizzato. La cifra del nuovo riformismo passa attraverso la rinuncia alle proprie faticose vittorie.
Il paese è in ginocchio economicamente, svilito culturalmente, orfano di una politica degna di questo nome e non c'è niente di meglio da fare che eliminare il diritto ai lavoratori di non essere licenziati senza giusta causa.
L'eccessiva pressione fiscale, la troppa burocratizzazione, gli scarsi investimenti nella ricerca, la lunghezza dei tempi della giustizia, non sono forse questi i motivi per cui le imprese si tengono alla larga dall'Italia ?
Per non parlare della corruzione diffusa, della presenza della mafia, della camorra e dell'andrangheta nelle nostre città.
Certo, il nuovo PD deve dimostrare all'Europa di essere scevro e libero dalle vecchie categorie di pensiero.
Ma perché si dovrebbe poter licenziare qualcuno ingiustamente e cavarsela con un indennizzo monetario. Dov'è  la giustizia sociale in un provvedimento del genere.
Come sarà determinato un equo indennizzo ? Quanto vale la dignità di un lavoratore ?
Per un imprenditore di oggi il problema principale e fondamentale non sta nell'esistenza dell'art.18. E' la pressione fiscale e l'incertezza del sistema creditizio che lo preoccupa e che nella peggiore delle ipotesi lo costringe a chiudere e fuggire.
Visto che il mercato del lavoro tedesco è il riferimento, va considerato che il motivo precipuo per cui quel modello funziona è l'investimento che si fa sulla formazione dei lavoratori e sulla ricerca innovativa sui prodotti. Il rilancio dell'economia italiana non comincia con la cancellazione di un diritto sacrosanto, ma piuttosto affermando una cultura di impresa che tenga insieme imprenditori e lavoratori.
E' nella cooperazione che tutti escono vincitori, ed è questa il tipo di comunità che un partito di sinistra dovrebbe immaginare e costruire, una società che non lascia indietro nessuno. Appunto però, un partito di sinistra.

sabato 20 settembre 2014

La monetizzazione dell'ovvio


libernazione.it
di Michele Petrino

Come ogni malanno di stagione, ecco ritornare puntuale sulla scena politica il dibattito sull'articolo 18. 
Che a questo giro di giostra a proporne l'abolizione (addirittura tramite decreto legge, si vocifera) sia addirittura il più importante partito di sinistra la dice lunga sui cambiamenti/snaturamenti che stanno interessando oggi la sinistra italiana ed europea (si vedano i casi di Valls e Miliband). 
Premetto che per me l'art. 18 non è né un tabù, né costituisce un totem (giusto per usare alcune delle espressioni con cui i sedicenti progressisti - che poi curiosamente hanno le stesse idee dei conclamati conservatori - usano per bollare quelli che nei confronti dell'art. 18 chiedono un atteggiamento cauto e rispettoso). Dunque non voglio scrivere un articolo pro-articolo 18 (o quanto meno non troppo pro-articolo 18...), né tirare in ballo le solite (sacrosante per carità) considerazioni sull'importanza del lavoro, sulla dignità del lavoratore, sul rischio di un precariato che da lavorativo è ormai divenuto esistenziale. Queste cose le sentite più o meno ogni giorno in televisione e il rischio, anzi, è proprio quello della desensibilizzazione al problema a causa dell'eccessiva sovraesposizione. 
La mia riflessione vorrebbe essere un po' più generale, rivolta per lo più a quello che in televisione e nei giornali sento dire sempre di meno. Come avrete letto, si intitola "la monetizzazione dell'ovvio". Riprendiamo da qui. 
Cos'è l'ovvio? Qualcosa di pacifico che non dà luogo a contestazione (ma esiste ancora questa categoria in un mondo così frenetico, dove persino la presunta democrazia del web si è involuta in una forma odiosa di superficialità di giudizio istantanea che rifugge qualsiasi approfondimento, oramai barattato con l'essenzialità dell'esserci?). Riportato - il concetto di "ovvio" - alla questione che ci occupa, potremmo dire che un licenziamento senza giusta causa è illegittimo e, pertanto, ingiusto. Sembrerebbe tutto ovvio, no? All'ingiusto, si dovrebbe contrapporre il giusto. 
Eppure gli annuali tentativi di modificare o addirittura abolire l'art. 18 dimenticano la dicotomia facile-facile del "giusto-ingiusto", inseguendo un modello in cui il licenziamento senza giusta causa, operato da un'impresa che adduce motivi economici rivelatisi poi infondati (ovvero falsi) nel corso dell'istruttoria giudiziale, non verrà rimosso, ma resterà operativo. Ovvero il lavoratore viene licenziato anche in presenza di una condotta scorretta da parte dell'azienda accertata giudizialmente. E' giusto, questo? La risposta, a mio modo di vedere (ma non sono più tanto sicuro, a questo punto) sembrerebbe ... ovvia. Certo al dipendente verrà riconosciuta la famosa indennità (sulla cui reale utilità ed equità all'interno della vita di un lavoratore preferisco non soffermarmi - ma sarebbe davvero necessario o dovrebbe rientrare nell'ovvio anche questo? - in quanto finirei per parlare dell'importanza del lavoro, della sua dignità, del contesto odierno di recessione e di tutti quegli argomenti che volevo, come dicevo prima, evitare di tirare in ballo), ovverosia gli verrà monetizzata l'ingiustizia che ha subito. 
L'ovvio verrà monetizzato. E ciò avverrà in una fattispecie in cui il ripristino in forma specifica (il reintegro) è ancora, oltre che possibile, eticamente dovuto. 
Questo punto mi sembra non sia mai davvero valorizzato nei vari dibattiti: si fa un gran parlare delle strategie politiche, delle alleanze, della necessità di operare ulteriore macelleria sociale (mentre il potere inteso come lobby e centro di influenza, continua indisturbato ad autogovernarsi, in modo da autoconservarsi), ma non si affronta la questione nel merito. Paradossalmente, proprio quella dell'ingiustizia del licenziamento. 
L'ultima riscrittura dell'art 18 operata dall'allora ministro Elsa Fornero ha già impoverito enormemente la norma (basti pensare che il reintegro è previsto solo per la fattispecie del licenziamento per motivi discriminatori, casistica invero alquanto limitata; mentre ad esempio per i falsi motivi disciplinari sarà il giudice a decidere tra indennità o reintegro). Adesso quale sarà la nuova deminutio che subirà questo baluardo dell'ovvio? L'introduzione nel dibattito dell'odioso concetto dell'apartheid applicato alle varie categorie di lavoratori e il clima da resa dei conti nei confronti dei sindacati non lascia ben sperare.
Lo stato sociale, grande conquista dell'Europa e motivo di vanto del vecchio continente, sta subendo un lento smantellamento pezzo per pezzo, mentre si profila sempre più un nuovo e inquietante dominio dei mercati e dei listini di borsa in danno della cosidetta economia reale. 
Tutto questo mentre occorrerebbe piuttosto ripensare gli equilibri sociali e le forme di redistribuzione della ricchezza, in modo da evitare la necessità di dover ricorrere a barbare soluzioni, indegne di un paese civile. 
Quale che siano le soluzioni che chi ci governa intenderà attuare, mi auguro che abbia sempre bene in mente il giusto e l'ingiusto. 






I Bronzi più importanti del mondo


Il rinvenimento.
I Bronzi di Riace furono scoperti il 16 agosto 1972 nel tratto di mar Jonio antistante il comune reggino di Riace Marina da Stefano Mariottini, un appassionato subacqueo in vacanza in Calabria, durante un'immersione a circa 200 m dalla costa ed alla profondità di 8 m. Il recupero fu curato dalla Soprintendenza con la collaborazione del Nucleo Sommozzatori dei Carabinieri di Messina. 

Le indagini sul fondale.
Uno scavo stratigrafico del 1973 e prospezioni nel 1981 permisero di recuperare pochissimi reperti e di proporre questa ricostruzione del naufragio: la nave, spinta da una tempesta a riva, aveva perso la velatura e gli anelli erano colati a picco con altri elementi pesanti come i Bronzi, presumibilmente non legati ad alcuna struttura; le parti leggere si erano disperse e lo scafo, gettato sulla spiaggia, si era progressivamente disgregato. E' stato anche supposto che non vi sia stato un vero e proprio naufragio ma un alleggerimento del carico, in un momento di pericolo, proprio buttando in mare le statue.

Il restauro. 
Un primo restauro avvenne negli anni 1975-1980 a Firenze, dove, oltre alla pulizia e alla conservazione delle superfici esterne, si cominciò a svuotare l'interno delle statue dalla terra di fusione originaria, impregnatasi nel corso dei secoli di cloruri che avevano innescato pericolosi fenomeni di corrosione. La rimozione della terra di fusione fu conclusa a Reggio negli anni 1992-1995, in un'operazione di restauro che si trasformò in un vero e proprio microscavo archeologico della terra per ricostruirne la disposizione originaria. Fu utilizzato un sofisticato dispositivo ispirato alla strumentazione per la diagnostica medica e la chirurgia microinvasiva, dotato di microtelecamera ed ablatore ad ultrasuoni.

Caratteri generali. 
Le due statue, denominate « A » e « B », sono alte 1,98 e 1,97 m; al momento del rinvenimento pesavano circa 400 Kg ma dopo lo svuotamento del loro interno il peso è diminuito a circa 160. Lo spessore medio del bronzo si aggira sui 8,5 mm per A e 7,5 mm per B. Originariamente erano ancorate alla loro base grazie ad una colatura di piombo fuso fatto fluire, sfruttando il principio dei vasi comunicanti, sia entro i piedi sia nell'incavo predisposto nella base stessa. Una volta solidificato, il piombo ha assunto la forma di tenoni, che i restauratori hanno asportato per penetrare all'interno della statua. 
I Bronzi rappresentano due uomini completamente nudi ed armati di scudo -imbracciato con la sinistra-, lancia -tenuta con la destra-, ed elmo, forse smontati al momento dell'imbarco per permettere di adagiare sulla schiena le statue e facilitarne il trasporto. 
La lancia era in verticale e probabilmente poggiata a terra nella statua A, inclinata e sospesa in aria nella statua B, dove il solco di appoggio per l'asta interessa non solo l'avambraccio ma anche la spalla. Occorre ricordare che il braccio destro e l'avambraccio sinistro della statua B non sono originali ma frutto di un restauro antico risalente all'età romana.

La testa della statua A. 
Si caratterizza per una raffinatissima resa della barba, con ciocche sinuose fortemente plastiche, e della capigliatura, trattenuta da una larga fascia. Le lunghe ciocche di capelli ondulati che solcano tutta la calotta, ricadendo in chiome ricciute sulle spalle, fanno supporre che la testa fosse in origine priva di elmo; sulla sua sommità vi è, inoltre, un foro forse per un meniskos , una punta in bronzo funzionale a tenere lontani gli uccelli dalle statue. In un secondo, tempo, tuttavia, fu alloggiato un elmo corinzio, come indicano dei segni di appoggio e la trasformazione dell'originario foro in un incasso per l'elmo stesso. In quell'occasione le orecchie, ben modellate, furono coperte da ciocche applicate. 
La bocca ha labbra in rame e una fila di superiore di cinque denti modellati in una lamina d'argento. Gli occhi hanno ciglia in lamina bronzea e cornee in avorio mentre le iridi, non conservate, erano presumibilmente di pasta vitrea o di una pietra preziosa. 

La testa della statua B. 
Si presenta liscia e deformata, evidentemente perché dotata di un elmo corinzio rialzato, e ricoperta da una cuffia di cuoio o di feltro: ne rimangono alcune placchette coperte da piccole martellature ed il solco lasciato sui lati della barba dal sottogola. Dalla cuffia fuoriuscivano i lobi inferiori delle orecchie e corte ciocche di capelli, simili a quelle della barba poco folta resa in modo non particolarmente plastico. 
La bocca ha anch'essa labbra in rame; si conserva solo l'occhio destro con la cornea in marmo bianco, l'iride formata da un anello biancastro ed uno rosato concentrici e la pupilla nera. 

I corpi .
 Le due statue presentano un sistema di ponderazione a ritmo incrociato: alla gamba destra verticale su cui grava tutto il peso del corpo corrisponde il braccio sinistro piegato a sorreggere il pesante scudo; alla gamba sinistra flessa ed avanzata corrisponde il braccio destro abbassato ad impugnare l'asta.
In conseguenza della posizione delle gambe, l'anca destra risulta rialzata rispetto alla sinistra: tale movimento nel Bronzo A non si ripercuote nella parte superiore del torace, dove pettorali e spalle sono in posizione quasi perfettamente orizzontale, nel Bronzo B si ripercuote sia sui pettorali, definiti da una linea inclinata, sia sulle spalle, con la destra in posizione abbassata rispetto all'opposta. 
La possente muscolatura è resa con forte vigore plastico, ma in modo più geometrico e statico nel Bronzo A, più analitico e dinamico in B.
Fra i particolari anatomici riprodotti nei Bronzi con particolare cura, si segnalano le vene subcutanee, particolarmente apprezzabili nelle mani e nei piedi.
Interessante è la resa dei capezzoli, lavorati a parte ed applicati tramite battitura a martello, di un colore rosa non perché in rame ma in una lega a tenore di stagno molto basso.

venerdì 19 settembre 2014

Giornate europee del patrimonio 2014



Il 20 e il 21 settembre 2014 si celebrerà la 31a edizione delle Giornate Europee del Patrimonio, manifestazione ideata nel 1991 dal Consiglio d'Europa e dalla Commissione Europea con l'intento di potenziare e favorire il dialogo e lo scambio in ambito culturale tra le Nazioni europee. 
Si tratta di un'occasione di straordinaria importanza per riaffermare, presso l'opinione pubblica, il ruolo centrale della cultura nelle dinamiche sociali italiane.

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domenica 14 settembre 2014

Scacco al Louvre

Postiamo un articolo del Prof. Tommaso Montanari pubblicato sul blog de Il fatto quotidiano il 26 agosto 2014


Una retorica globale vuole che il tramonto dello Stato coincida con l’alba di un nuovo mecenatismo, in una generale regressione dai diritti ai privilegi, dalle Costituzioni alla charity: anche in Italia è a questi messia che una politica senza progetto affida il futuro del patrimonio culturale. Se è dunque questo il modello che ci aspetta, sarà il caso di conoscerlo.

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Tommaso Montanari - storico dell'arte

Biografia

Sono nato nel 1971 a Firenze, dove vivo. Studio il Barocco romano, e insegno Storia dell'Arte Moderna all'Università ‘Federico II’ di Napoli.

Sono convinto che gli storici dell’arte servano a fare entrare le opere d'arte nella vita intellettuale ed emotiva di chi si occupa di tutt'altro.

Penso anche che l’amore per la storia dell’arte non debba essere un fatto privato (o peggio un’evasione, o un modo per non pensare), ma pubblico e ‘politico’. L’articolo 9 della Costituzione ha, infatti, mutato irreversibilmente il ruolo del patrimonio storico e artistico italiano, facendone un segno visibile della sovranità dei cittadini, dell’unità nazionale, e dell’eguaglianza costituzionale, perché ciascuno di noi (povero o ricco, uomo o donna, cattolico o musulmano, colto o incolto) ne è egualmente proprietario.

Ma tutto questo è assai difficile da capire, perché oggi la storia dell’arte non è più un sapere critico, ma un’industria dell’intrattenimento ‘culturale’ (e dunque fattore di alienazione, di regressione intellettuale e di programmatico ottundimento del senso critico). Strumentalizzata dal potere politico e religioso, banalizzata dai media e sfruttata dall’università, la storia dell’arte è ormai una escort di lusso della vita culturale.

È per questo che oggi non basta fare ricerca e insegnare, ed è per questo che ho scritto A cosa serve Michelangelo? (Einaudi 2011), La madre dei Caravaggio è sempre incinta (Skira 2012), Le pietre e il popolo (minimum fax 2013), Istruzioni per l'uso del futuro. Il patrimonio culturale e la democrazia che verrà (minimum fax 2014).

Collaboro col “Fatto” e col “Corriere della Sera” nel dorso del Mezzogiorno. Collaboravo anche al “Corriere fiorentino", ma il mio libro Le pietre e il popolo, dedicato in parte all'uso del patrimonio culturale come arma di distrazione di massa da parte di Matteo Renzi mi ha messo fuori «dalla linea del giornale». Pazienza: mi sono consolato col premio Giorgio Bassani di Italia Nostra per il giornalismo culturale, e con la coccarda di Commendatore, assegnatami – dopo la denuncia del saccheggio della biblioteca napoletana dei Girolamini – dal Presidente della Repubblica, «per l'impegno a difesa del nostro patrimonio».