sabato 20 febbraio 2016

Giorgione, La tempesta


Giorgione, La tempesta, 1505-1508 circa. Venezia - Galleria dell'Accademia
di Massimo Magnani

Giorgione è un amante dei paesaggi.

Egli è attirato in particolare dalla luce e dei suoi effetti nel cielo, sulla vegetazione, sulle rocce e sulle case.

Notoriamente Giorgione dipingeva per l'alta nobiltà aristocratica, intenditori di arte e letteratura, per questo motivo spesso si trovano, nei suoi dipinti, riferimenti di alta cultura, a volte difficili da individuare.

La tempesta ad esempio è famosa per le molteplici ipotesi accampate al suo significato dai maggiori studiosi.

Nonostante i documenti dell'epoca la descrivano semplicemente come "paesaggio con temporale, una zingara e un pastore, una delle interpretazioni più moderne ci parla invece di Adamo ed Eva, che consapevoli del loro peccato, accettano con rassegnazione il loro destino.

Secondo questa interpretazione, la collera di Dio (il fulmine) si abbatterebbe su di loro e i sui loro discendenti (il bambino).
I ruderi sulla sinistra rappresenterebbero la precarietà della vita fuori dal paradiso terrestre e la deprivazione dell'immortalità.
Il ponte rappresenta la via della Redenzione, attraverso la quale l'umanità avrebbe la possibilità di riconquistare il paradiso perduto (la città fortificata sullo sfondo, simbolo della Gerusalemme celeste).

sabato 13 febbraio 2016

La Scuola di Atene


Raffaello Sanzio - La scuola di Atene, 1509-1510 - Palazzi Vaticani, stanza della Segnatura.
di Massimo Magnani

Mentre Michelangelo lavorava alla Cappella Sistina, papa Giulio II commissiona a Raffaello la decorazione di un nuovo appartamento papale. Oggi come allora ?
Raffaello era l'artista giusto per esaltare la Chiesa attraverso la riscoperta della bellezza dell'architettura classica.
L'imponente disegno prospettico  utilizzato nella Scuola di Atene richiama la grandezza degli edifici dell'impero romano, ma trae ispirazione anche dal Bramante e dallo stesso Michelangelo. 
Questi due artisti infatti si ritrovano dipinti e ritratti nei panni dei due filosofi greci Euclide ed Eraclito.
Raffaello ritrae anche se stesso nel gruppo all'estrema destra del riquadro.
L'affresco intende rappresentare la storia della filosofia classica in una immaginaria aula antica con ai lati incastonate nelle nicchie la protezione di Apollo e Minerva. Al centro della scena Platone con la barba bianca ( pare che l'artista abbia voluto fosse il ritratto di Leonardo da Vinci) che conversa con Aristotele.
Entrambi hanno in mano un libro, il Timeo per Platone e l'Etica per Aristotele.






















Raffaello, nella pittura, unisce grazia e genio. Insieme a Leonardo e Michelangelo è il terzo grande artista del Rinascimento italiano.

sabato 6 febbraio 2016

La caduta di Costantinopoli


Caduta di Costantinopoli di Jacopo Robusti detto "Tintoretto", olio su tela, 1598-1605. Palazzo Ducale Venezia


di Massimo Magnani

Protagonista di uno straordinario e rapidissimo momento di espansione, praticamente venuto dal nulla, agli inizi del XIV secolo, la Potenza ottomana nacque da una frazione dell'etnia turca e si pose come minaccia permanente ai danni dell'impero bizantino, bulgaro e serbo. 
Nella seconda metà dello stesso secolo i turchi avevano già occupato una buona parte della penisola balcanica, mentre la penisola anatolica sarebbe stata ridotta all'obbedienza solo più tardi, in pieno XV secolo.
Solo nel 1453 il Sultano Maometto II il conquistatore, liquidò ciò che restava dell'Impero bizantino con la presa di Costantinopoli, che con il nome di Istanbul divenne la nuova capitale ottomana, in sostituzione delle precedenti Bursa ed Edirne.
Una delle conseguenze della conquista fu la rivendicazione del titolo di imperatore romano, che i sultani avrebbero assunto insieme agli altri nella lunga lista delle loro prerogative.
Anche sul piano formale, quindi, divenne naturale il crescente antagonismo con coloro che in Occidente portavano la corona di Sacro Romano Imperatore e che nello stesso modo cercavano la supremazia universale in nome della religione.
La conquista di Costantinopoli andò a tagliare le direttrici del commercio italiano attraverso i Dardanelli e il Bosforo verso la Crimea.
L'impatto della caduta di Costantinopoli sul mondo bizantino fu ovviamente catastrofico e molti cristiani ortodossi ne diedero la colpa alla slealtà dell'elite militare bizantina.
In Europa, la conquista di Costantinopoli causò un profondo sgomento. Gli umanisti del Rinascimento furono atterriti dal fatto che la Grecia fosse ora sotto il dominio turco.
Scriveva lo studioso Enea Silvio Piccolomini (futuro papa Pio II) "Ecco una seconda morte per Omero e anche per Platone ....Ora Maometto regna fra noi. Ora i turchi incombono sulle nostre teste".
Il destino dei cristiani ortodossi fu considerato in Europa, una punizione di Dio per la loro debolezza e i loro peccati. Soltanto quando l'Ungheria crollò all'inizio del XVI secolo, il resto dell'Europa si risvegliò e si trovò di fronte al pericolo che incombeva da Oriente.
Il Sultano Maometto II voleva fare di Costantinopoli un centro interreligioso per tutti i "popoli del Libro", fossero musulmani, cristiani o ebrei. Questa grandiosa intenzione imperiale creò un crocevia dove le culture dell'Oriente e dell'Occidente, dell'Europa e dell'Asia s'incontrarono e si mescolarono. Galata, dall'altre parte del Corno d'Oro, rimase occidentale per popolazione e cultura. Istanbul, città cosmopolita custodiva ancora parti di città largamente italiane, come appunto Galata.
Inoltre Maometto II si dichiarò nuovo qaysar "Cesare", legittimo erede degli imperi romano e bizantino. 
Ciò fu ampiamente accettato da turchi, musulmani e studiosi greci come Giorgio di Trebisonda, che scrisse a Maometto nel 1466:"Nessuno dubita che voi siate l'imperatore dei romani. Chiunque sia legalmente il signore della capitale dell'impero è l'imperatore e Costantinopoli è la capitale dell'Impero Romano".