sabato 27 settembre 2014

Gli effetti nefasti dei talk show


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di Michele Petrino
Guardare tutti quei talk show fa davvero male.Passo da un canale all'altro e senza soluzione di continuità gli stessi temi si involvono gli uni dentro gli altri senza arrivare ad alcuna soluzione. Senza riuscire a dipanare una matassa talmente ingarbugliata che sembra nemmeno contemplare la possibilità di essere sbrogliata.Il numero dei programmi televisivi con ospiti politici è in costante aumento. I loro conduttori sono le vere star del palinsesto. I loro programmi fanno a gara anche nella durata: finiscono sempre più tardi. Ogni tanto qualcuno di questi talk ti aggancia nel suo flusso di chiacchiere e ti trascina giù in una folle caduta senza alcun centro di gravità, privando del sonno i tuoi poveri occhi stanchi dalle fatiche quotidiane e, se non hai la forza di mandarey mentalmente a quel paese tutta quella inconcludenza, ti capita pure di addormentarti sul divano e cominciare a sognare sogni a tema...... tipo quella volta in cui mi sono ritrovato a guardare quel talk show in cui si dibatteva dello stato del parlamento italiano e dell'incapacità dello stesso di eleggere i due membri "politici" della Corte Costituzione. La situazione di stallo quella volta fu risolta da un evento eccezionale su cui si fecero diversi speciali televisivi prima di abbandonare il tema alla ricerca di nuove e più fresche notizie.A quel tempo il parlamento italiano era abitato da loschi figuri, da benpensanti che avevano perso in poco tempo verginità ed illusioni, militanti di ferro che si erano adeguati in fretta alla loro irrilevanza ed una massa di ex professionisti che, a prescindere dalla maglia politica che vestivano, vivevano l'esperienza parlamentare come una ulteriore e prestigiosa tappa della propria sfolgorante carriera. 

Questo era il grosso, poi era possibile scorgere in quel manipolo vociante e pettegolo qualche giovanotto di belle speranze che sgravava la propria coscienza e quella del proprio paese imputando il degrado che attanagliava ogni aspetto della vita della nazione a quello che avevano fatto (o non fatto) coloro che erano venuti prima, senza nemmeno entrare nel merito di ciò che era stato fatto (o non fatto). Era certamente più facile farsi scudo della propria candida, immacolata e, probabilmente temporanea, innocenza dettata più dal proprio stato di novizio che da un'integrità ancora tutta da dimostrare, ma già scompostamente sbandierata. Poi certo vi erano anche brave persone, oneste e laboriose, ma queste rimanevano lontane dai ruoli di potere, dalle pagine dei giornali e dall'interesse di lettori ed elettori. C'è da dire che si vivevano tempi in cui era diventato manifesto come il sistema democratico non avesse fatto altro che tradire le promesse iniziali finendo in buona sostanza per legittimare un nucleo di potere inscalfibile che mostrava alternativamente una faccia poi l'altra al solo fine di dare l'impressione dell'alternanza e della libera scelta. Ma dopotutto sotto il cielo altre idee non ve ne erano e i cittadini erano troppo distratti dalla propria miseria morale ed economica per immaginare nuovi sistemi di governo. Tutto pertanto sembrava destinato a continuare immutato sotto l'egida di un pensiero unico dominante e di confuse isolate e poco organizzate idee di opposizione. Poi venne il giorno in cui successe. Non tutti se ne accorsero immediatamente. Qualcuno dapprima pensò ad uno scherzo, magari ad uno di quei gesti di protesta eclatanti come l'esibizione di cartelli provocatori o di oggetti quali mortadelle, cappi, apriscatole e altri oggetti capaci di suggerire fulminanti correlazioni oggettive o simbolismi d'accatto. Poi finalmente ad uno ad uno, i parlamentari capirono cosa stava succedendo: le sedie del parlamento avevano cominciato a sanguinare. Trasudavano un liquido rosso che aveva cominciato a macchiare gli eleganti tailleur delle donne e i raffinati completi degli uomini. Molti cominciarono con il fissarsi inorriditi i palmi delle mani. I fotografi in sala immortalarono su pellicola i momenti più significativi.


I capi gruppo si accusarono l'un con l'altro di aver sabotato il luogo più importante della democrazia italiana. I cattolici si scissero in due gruppi: il primo sbandò nell'attribuire significato a quel fenomeno invocando dapprima la discesa della grazia tra i banchi del parlamento e scorgendo poi nel sangue il preludio di un imminente giudizio universale; il secondo gruppo, più consistente e che non era mai stato davvero credente, restò a fissarsi le mani, scrutando attorno le reazioni degli altri gruppi. I parlamentari di estrazione socialista opposero uno scetticismo di tipo materialistico-scientifico. Il terrore arrivò dopo. Ovvero quando partendo dai banchi del governo fino ad arrivare all'ultimo parlamentare seduto in fondo all'emiciclo ci si rese conto che il tanto vituperato attaccamento alla poltrona non era più solo un modo di dire atto a indicare la tenacia del potere nel preservarsi nei posti di controllo, ma si era tramutato in una condizione reale: i parlamentari non riuscivano più ad alzarsi da quelle sedie insanguinate. La notizia venne battuta dalle prime agenzie ed ebbe subito una eco internazionale. Gli Stati Uniti mandarono subito i loro uomini a monitorare la situazione: l'ordine era vigilare, ma non intervenire. I vari giornalisti cominciarono a fare breccia dentro le aule del parlamento, ma ben presto si stancarono di intervistare sempre quegli stessi onorevoli con i vestiti ormai logori e zuppi di sangue. Non furono più i giornalisti a rincorrere frettolosi e infastiditi politici, ma questi ultimi, bloccati nei loro scranni, a implorare un'intervista alle schiene sprezzanti dei vari giornalisti che si allontanavano annoiati. Fuori la povera gente all'inizio infieriva contro quegli uomini che li avevano, a sentir loro, soltanto derubato ed affamato. Poi l'umanità prevalse ed anche i cittadini cominciarono a provare pietà per quegli uomini cui in fondo proprio a partire dai loro difetti somigliavano non poco. Dentro l'aula i visi diventarono grigi e stanchi. Gli occhi vitrei e disperati. I pasti venivano mangiati con sempre minore appetito. L'unica delibera che si riuscì ad approvare fu la didascalica proclamazione del cosiddetto "parlamento permanente". Tutti furono nominati con amara ironia "senatori a vita". Massoneria e Vaticano si dimostrarono incapaci di incidere sulla vicenda. Si spensero ad uno ad uno. Vi fu solo qualche episodio di cannibalismo. Non dovuto tanto alla fame, dato che il cibo veniva regolarmente fornito, quanto a un mai del tutto sedato e latente spirito di sopraffazione che a lungo esercitato doveva in qualche modo venire sfogato. Per il resto fu la morte naturale ad accoglierli pian piano. Restarono la per anni, fino a quando non morì l'ultimo. Fu allora che le sedie smisero di sanguinare.Poi mi sveglio. La consulta manca ancora di due candidati e mi ritrovo a pensare che sì, guardare tutti quei talk show fa davvero male.

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