domenica 12 ottobre 2014

L'importanza di avere un nemico


Grillo incappuciato in spiaggia - www.ilfattoquotidiano.it
di Michele Petrino

La politica è noiosa.
A guardare bene è tutta una guerra di cifre, contestate o accettate, reali o fittizie che al confronto è più eccitante una riunione di condominio dove almeno puoi guardare male il tizio di sopra che ti stende le lenzuola e poi riferire orgoglioso a tua moglie. Ciononostante, la televisione e l'informazione si sono appropriate della politica come spettacolo e la politica, a sua volta, ha accettato di buon grado questa adozione mediatica attirata dalle sirene di una esposizione nazional-popolare sempre più vasta e utilissima per la produzione di consenso.



Da allora si è ingegnata sempre più per camuffare la noiosità dei temi della propria attività ovvero la gestione della cosa pubblica. 
Prendiamo il povero Matteo Renzi costretto a convivere con una situazione di stallo europeo che non riesce a frantumare (ma che al massimo puoi logorare e lavorare di lima come i forzati di Alcatraz) e che lo costringe a tornare sempre sugli stessi temi: lo sforamento del 3%, nessuna ha i compiti assegnati per casa, le politiche di austerity e via ripetendo. Esaurito l'effetto novità dato dal personaggio Matteo Renzi, il politico Matteo Renzi si dev'essere reso conto della necessità di trovarsi un nemico. Un nemico che avesse un volto ben più concreto dei generici "burocrati di Bruxelles". Probabilmente confrontandosi con il proprio stuolo di collaboratori, il buon Matteo avrà scartato sia il vecchio leone Silvio col quale vige un equilibrio che per il bene di entrambi non è al momento opportuno rompere, sia il leone spelacchiato Beppe Grillo in caduta libera dentro la fossa che ha scavato per se e i suoi seguaci. A questo punto gli si dev'essere parato davanti il nemico naturale per un politico con la sua formazione culturale democristiana: la sinistra del Partito Democratico. La minoranza che sempre più in Italia fa rima con irrilevanza. Insomma i comunisti, per dirla con il buon vecchio Silvio. 
In effetti attaccare i Cuperlo, i Dalema, i Bersani per un nuovista come Renzi è un gioco da ragazzi. La vecchia sinistra ha sempre avuto un appeal televisivo pari a zero, mentre Renzi è giovane, spaccone, ironico e cosa più importante ha i numeri dalla sua... anche se a volte li utilizza in modo grossolano e persino scorretto (paragonare il 25% delle politiche al 40% delle europee è come mischiare le mele con le pere, così come è inesatto rivendicare nella percentuale del 40% un risultato storico senza tenere conto del fatto che lo stesso partito ha preso molti più voti non dico con l'inarrivabile Berlinguer, ma persino con il rottamato Veltroni). 
Dicevamo dell'importanza di avere un nemico e della sua necessità.
Per vincere il grigiore della politica, per distrarre dai problemi concreti di governo e di attuazione dei tanto sbandieri obiettivi, per presentare in cattiva luce l'altro per far di contro risaltare il proprio operato. Ma, attenzione, avere un nemico serve soprattutto all'elettore. Serve al cittadino per interessarsi: ho visto cittadini arrivare addirittura ad acquistare dei quotidiani o guardare fino a cinque talk show politici pur di dimostrare che il proprio "avversario politico" avesse torto. Ne ho visti altri rinunciare e sostituire le chiacchiere sportive con quelle politiche (mantenendo però intatta la propria foga requisitoria). 
Durante il periodo berlusconiano, Silvio è stato "il nemico" per eccellenza. Tutti i suoi avversori si documentavano per narrare l'ennesima malefatta al bar (Silvio, in maniera geniale, però ne ha combinate talmente tante che il continuo parlar male di lui ha portato alla de-sensibilizzazione dell'opinione pubblica con la conseguente accettazione). E' stato un periodo di grande passione politica a cui sono seguiti i (pochi) anni grigi di Monti e Letta. Amorfi e privi di reale passione. Adesso Matteo Renzi riaccende la miccia. Divide, fa discutere, sta sulle scatole e viene amato. Ha bisogno dello scontro altrimenti viene ingabbiato dal naturale grigiore della politica, così come lo spettatore ha bisogno di qualcosa che lo scuota dal proprio torpore, dal superficiale interesse che gli si riattiva per lo più solo in occasione delle elezioni (non a caso in Italia ormai è indispensabile per i politici far respirare un clima da permanente campagna elettorale...). 
La politica è grigia amministrazione di numeri e risorse. Le ideologie a detta di qualcuno sono morte con la conseguenza di aver reso sempre più sfumate le differenze tra i vari schieramenti (quali sono in concreto le reali differenza tra l'operato del diafano ministro Poletti e le opinioni suggerite dal solido Maurizio Sacconi?) impedendo in tal modo che l'orgogliosa rivendicazione della propria scelta di campo avvenga se non sulla base del semplice appeal del personaggio. La gara diventa dialettica e non di contenuto. Vince il miglior oratore e non il miglior amministratore con le conseguenze che l'ultimo ventennio ci ha insegnato sull'andamento della cosa pubblica. Negli ultimi anni si è denunciato (e a ben vedere è ancora in corso) un eccessivo tecnicismo che non può che allontanare il cittadino dalla politica (complice, va detto, anche la disillusione generata dai sempre diffusi casi di corruzione). 
Il nemico invece dona sangue e corpo alla politica. Suscita dibattito e senso di appartenenza, contrappone un vitalismo partecipativo al disinteresse annoiato e disilluso. 
E' utile ed efficace come tutte le armi di distrazione di massa. 
Risveglia passione, voglia di parteggiare e soprattutto risponde, mentendo, a una domanda dai contorni sempre più sfocati: chi ci governa davvero? Che aspetto ha questo potere che sempre più possiede e sempre meno è posseduto?

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