domenica 30 novembre 2014

E' stata davvero una sorpresa ?


Don Camillo e Peppone
di Michele Petrino

Come tutte le elezioni di medio termine, le recenti votazioni regionali in Emilia-Romagna hanno la caratteristica di fornire interessanti istantanee dell'odierna situazione politica. Il gioco funziona a patto di non considerare queste istantanee come anticipazioni di una realtà mutevole e in continuo movimento. Data per acquisita questa raccomandazione, possiamo però certamente trarre qualche considerazione dal voto di Domenica 23.


Il dato più rilevante è certamente l'alto tasso di astensionismo che in una regione storicamente molto partecipativa come l'Emilia-Romagna fa ancora più notizia. Ma vi è di più: la connotazione politica di tale regione non può che far precipitare il dato della partecipazione alle elezioni e le conseguenti riflessioni all'interno del dibattito più ampio della crisi della sinistra italiana e delle mutazioni che stanno avvenendo al suo interno oramai da molti anni e che negli ultimi mesi ha avuto nell'odierno segretario del PD Matteo Renzi un eccezionale catalizzatore.

Si è detto che tale risultato negativo a livello di partecipazione al voto è da ricondurre a una pluralità di fattori e di certo questa tesi ci sembra ragionevole e di buon senso. Ma vediamo quali sono stati stati questi fattori.

Si è detto, innanzitutto, che queste elezioni avevano un vincitore annunciato e che "non c'era gara". Ciò è vero, soprattutto se si considerano i crolli verticali di appeal politico di Grillo e di Forza Italia e l'assenza di una vera opposizione a destra, ma (oltre al dato che non si dovrebbe andare a votare per far vincere o perdere qualcuno, essendo il voto un dovere civico oltre che morale), l'Emilia-Romagna è sempre stata governata da esponenti di sinistra che hanno spesso ottenuto vittorie telefonate, ma senza che ciò abbia mai portato a un crollo del numero dei votanti.

Si è detto che l'inchiesta delle "spese pazze" ha generato disaffezione. Ciò è certamente vero, ma non mi sembra che a livello mediatico la notizia abbia avuto un effetto così dirompente, complice in ciò la circostanza che, avendo l'inchiesta toccato tutti i partiti, nessuno l'ha potuta strumentalizzare contro l'altro.

Rimangono da evidenziare un fattore e una considerazione finale: se è vero che l'astensione di cui parliamo è figlia di una generale e diffusa disaffezione alla politica, è anche vero che, trattandosi dell'Emilia-Romagna e ovvero della regione che più di tutte ha una decisa connotazione politica, tale disaffezione va inevitabilmente declinata in chiave partitica: le politiche renziane che cercano esplicitamente una rottura con tutta la storia della sinistra, con i suoi simboli e i suoi richiami storici, le sue bandiere ideologiche e le alleanza storiche (in primis con i sindacati), l'esibita vicinanza del premier con la classe imprenditoriale del paese piuttosto che con la classe lavoratrice non poteva non avere delle conseguenze in una regione dove la disaffezione nei confronti del "partito" (parola che in questa parte di paese spesso si sovrappone alla parola "politica") era stata già certificata dal crollo degli iscritti al PD. Agli emiliani e ai romagnoli probabilmente brucia molto più che altrove vedere il partito in mano proprio a quei democristiani che hanno combattuto politicamente per tutta la vita.

La considerazione finale che potremmo trarre da tale voto regionale è la seguente: la competizione elettorale, che ha visto vincere un candidato mediocre come Bonaccini (che non invogliava certo a precipitarsi alle urne e che alla fin fine è stato eletto con appena il 17% degli aventi diritto al voto) aveva poco mordente in termini di probabilità di vittoria/sconfitta, ma diventava molto più interessante se guardata da un altro punto di vista, ovvero quello che contrappone il governo all'opposizione e che esprime un giudizio sulle politiche nazionali dell'esecutivo. Ora, viste le macerie nel campo della destra che il solo Salvini sta cercando di riorganizzare (il quale, peraltro, nonostante lo strombazzato risultato alle regionali sorretto da numeri invero poco significativo, mi sembra abbia ancora molto da fare...), la vera opposizione all'azione governativa risulta essere quella che da mesi viene proposta dalla CGIL con il cavallo di troia rappresentato dalla minoranza dissidente del partito democratico (in tale contrapposizione non può che scorgersi la vecchia rivalità presente nella Prima Repubblica tra DC e PCI). In tale scontro, essendo la seconda forza non rappresentata da nessuna forza politica (Sel e Lista Tsipras non ne sono idonei portavoce partitici), all'elettore che avesse voluto "votare per l'opposizione" non restava che astenersi e mandare così un messaggio molto chiaro al premier.

Io ritengo che il messaggio sia certamente arrivato, ma credo anche che le strategie di Renzi, al di là di qualche sporadica mediazione, non prevedano alcun ravvedimento rispetto alla strada finora intrapresa.

Il ritorno alle urne degli elettori dipenderà anche da come le istanze per un'azione di governo alternativa a quella odierna, rappresentate per il momento solo da Fiom e CGIL, verranno gestite da nuovi soggetti politici.

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