venerdì 19 maggio 2017

San Sebastiano-Tiziano


È stato scritto che, a partire dall'ottavo decennio del Cinquecento, l'atmosfera sconvolta dell'Apocalisse pare essere discesa nei pensieri del vecchio Tiziano: da questi anni, infatti egli rinuncia nelle sue composizioni a qualsiasi simmetria e al concetto di bellezza classica rinascimentale, fatta di equilibrio e serenità; inoltre sembra quasi eliminare la distinzione tra soggetti sacri e mitologici. È come se l'artista, consapevole della fine di un'epoca, quella del Rinascimento, i cui ideali e le cui certezze egli aveva in sommo grado condiviso, ne volesse rappresentare il drammatico crollo. 



Così, in questo dipinto, il santo martire Sebastiano mostra si una figura in cui si coglie ancora il ricordo di celebri sculture antiche, quali l'Apollo del Belvedere e il Laocoonte, ma appare immerso in una luce agitata e tragica. Tutto intorno a lui - anzi, quasi contro di lui - la natura sembra infuriare, come travolta dal fuoco e dalle fiamme di un gigantesco incendio o da un'eruzione, che riporteranno l'universo al caos originario. L'audacissima scioltezza pittorica con cui è eseguita la tela, con pennellate applicate con grande rapidità e libertà, è tipica dell'ultima produzione del maestro, che in tal modo aprì nuove strade allo svolgimento successivo di tutta la pittura occidentale. Tuttavia, fu proprio questo aspetto di straordinaria modernità tecnica a farsì che, nel 1853, in occasione della stima di tutte le opere pittoriche conservate all'Ermitage, effettuata per volontà dello zar Nicola I, il quadro, che era stato acquistato qualche anno prima dalla collezione Barbarigo di Venezia, fosse giudicato come un opera di terza categoria. Gradualmente, nel corso del XXº secolo, l'attività tarda di Tiziano è stata rivalutata, e insieme a essa anche il San Sebastiano, oggi considerato un altissimo capolavoro.

Tratto da: I capolavori dell'Arte - Musei del mondo - Philippe Daverio

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