venerdì 19 dicembre 2014

Gli effetti nefasti dei talkshow - La democrazia del consenso


www.informaxresistere.fr
di Michele Petrino

Credo di esserci ricascato... La sera, quando finisco di cenare e di mettere a letto la bambina, sono troppo stanco per fare qualunque cosa. Ed è allora che il telecomando esercita il suo potere maligno: mi costringe ad accendere il televisore e in un baleno eccomi ripiombare in quel caleidoscopio di immagini vischiose che, per il tramite dei miei occhi, hanno accesso al mio cervello impanandone le pareti.
A lasciare i residui più facili da scrostare sono le trasmissioni televisive sulla politica.
Insomma i Talk Show.
Ebbene si: ci sono ricascato.


Il gorgo formato da "il servizio di", "la copertina a cura del nostro", "il sondaggio commissionato all'istituto", "il punto affidato a" che servono a intervallare le dichiarazioni dei politici presenti in sala. Le cui risposte sono sempre più slegate dalle domande appena poste. I cui interventi non illustrano, né spiegano, ma sono solo volti ad acquisire quel consenso che si ricerca minuto su minuto, trasmissione dopo trasmissione, in un turbine di dichiarazioni che si accavallano le une sulle altre e che mi trascinano giù fino a raggiungere uno stato di sogno in cui ad emergere, dapprima in maniera più sfocata, poi via via sempre più nitida è un grafico che.....
....... mostra continui saliscendi.
Lo sfondo blu sforza gli occhi e li stanca mentre questi seguono le oscillazioni del consenso.
Mi riprometto di parlarne con la regia: gli spettatori fanno fatica a tenere gli occhi fissi sul monitor. Hanno bisogno di distoglierli e questo diminuisce il potenziale magnetico del grafico.
Questo non va bene: i miei spettatori non devono perdersi nulla.
Nessun picco, nessun valore fuori scala o in ribasso.
Sono proprio i grafici che illustrano l'andamento del consenso per i contendenti.
Questi ultimi hanno volti segnati dal sudore e dalla tensione, hanno elettrodi applicati al petto per misurarne il battito cardiaco e sul viso si sforzano di apparire sicuri di sé, sarcastici e sprezzanti delle posizioni altrui.
Ho cominciato a provare curiosità per loro. Si sottopongono a uno sforzo per il quale non vedo ricompensa. Non lo è di certo l'esercizio di un potere di cui, attaccati ai miei maledetti monitor, non possono servirsi né per scopi personali, né per godersi la vita.
Se di vita si può parlare: ventiquattro ore su ventiquattro ad avanzare proposte di politica riformista o finto-rivoluzionaria con l'occhio fisso verso il grafico del proprio consenso che oscilla a seconda dell'apprezzamento della proposta da parte degli spettatori.
Il mio talk show offre lo spettacolo ininterrotto della politica.
24 ore su 24 ore.
Niente sconti.
Niente trattative segrete.
Nessuno streaming in bassa risoluzione, ma piuttosto il confronto, puro e semplice, trasparente e teleripreso da 32 angolazioni differenti, con zoomate repentine capaci di cogliere il bluff dei giocatori, con largo utilizzo di split screen sempre più mirabolanti e capaci di rendere la cacofonia delle fasi più dense del gioco.
In basso le oscillazioni del consenso vengono aggiornate in tempo reale.
Da casa si vota su ogni cosa e con ogni mezzo: social network, telefonate, messaggi vocali e di testo, smartphone, tablet, cabine telefoniche, bar di periferia, stazioni, aeroporti, centri commerciali, autobus urbani ed extraurbani, treni regionali e a lunga percorrenza. Tutto è connesso. L'interscambio e' costante. Alcuni spettatori, definiti "Grandi elettori" hanno accettato di lasciarsi monitorare il battito cardiaco: in questo modo il loro consenso viene estrapolato sulla base della variazione del battito ottenuto in risposta a ogni singola proposta politica.
Ricordo che ebbi l'idea di questo programma televisivo circa cinque anni fa insieme al mio socio del tempo, un ragazzo pieno di belle intenzioni di nome Massimo Magnani.
Lui pensava di aver creato un utile strumento per il dibattito politico, io il talk show perfetto.
Lui credeva che il cittadino avrebbe avuto giovamento dal nostro format, io ero impegnato a monitorare il giovamento che avrebbe avuto mio conto in banca.
Insomma era chiaro che le nostre strade fossero destinate a dividersi. Non sto a dirvi come, ma riuscii a liberarmi di lui. E senza le sue remore da ragazzo ben educato, il format divenne ancora più spregiudicato.
I contendenti vengono preparati da spin doctor che consigliano le mosse da compiere: ci sono temi che servono a riprendere consenso, temi classici già collaudati, ma che alla lunga producono stagnazione. Ciò porta al calo di consenso. In quel momento, occorre inventarsi qualcosa. Occorre rischiare. Occorrono dei professionisti a indicare la strada che con le belle intenzioni e il fai-date non si arriva da nessuna parte.
Il candidato uno, ad esempio, propone un taglio alla spesa pubblica.
Un classico che non passa mai di moda. Genera consenso, ma non certo entusiasmo. Diciamo che è la base da cui bisogna partire, tant'è che nessuno ribatte, ma poi è necessario puntare su qualcosa di più innovativo altrimenti la gente da casa comincia a sbadigliare.
Il candidato numero due viene da un'altra cultura politica.
La sua base di consenso è la denuncia dell'insicurezza nella città: la sua strategia consiste nell'attaccare polemicamente chi fa troppo poco sul tema, rinunciando allo stesso tempo a un'estetica troppo radicale. Ciò allarga la base di consenso: si sa che sono le pose ad offendere, mica i contenuti.
Poi c'è questo terzo candidato.
Ha un aspetto dimesso. Mi sa di sfigato solo a guardarlo. Mi chiedo come abbia fatto ad arrivare fin qui e chi me lo abbia mandato. Non buca lo scherma, non ammicca, non scuote la testa mentre gli altri parlano. Risponde tecnicamente alle domande, è sottile e circostanziato nelle risposte. Mi viene da sbadigliare non appena gli passo la parola. E giuro che mi contengo: essendo il conduttore terzo e imparziale, sarebbe inopportuno sbadigliare in faccia a un concorrente.
Adesso è il momento delle dichiarazioni finali.
Ammetto che questo è uno dei momenti più interessanti dello show, dei più attesi e, a Dio piacendo, anche dei più seguiti. E' in questo momento che le caratteristiche di ogni politico vengono riassunte con grande precisione e pregnanza. Il fascista emerge come tale, perché non resiste a non mostrare la latente violenza delle proprie idee, il comunista finisce per parlare di stato sociale e il democristiano di famiglia.
Il tutto immerso in un'aria di patetica artificiosità e retorica d'accatto che però alla gente piace e dunque eccoveli questi pochi minuti in cui i candidati parlano a ruota libera sotto il giogo del voto popolare pronto a giustiziarli ferocemente o a premiarli come leader carismatici.
Il primo candidato segue il copione: appartiene alle forze di governo. E' un predestinato alla vittoria e si limita a d amministrare il suo vantaggio. Da del tu agli elettori e invoca il sogno. La sua mancanza di concretezza è quel colore che i dati economici non potranno mai avere. Il grafico oscilla sempre verso l'alto quando a essere tirato in ballo è l'anelito al nuovo e al rinnovamento. Il candidato sfrutta al massimo la dicotomia ciò che non va ed è addebitabile agli altri / ciò che farò ed anzi sto già facendo.
Il secondo candidato è un fiume in piena. Attinge alla parte più viscerale dei telespettatori. Quella parte che ha bisogno di sentirsi migliore degli altri per non pensare alla mediocrità in cui vive. Eppure, dato che quella mediocrità risulta essere in realtà il loro ritratto più fedele, per sentirsi migliori degli altri non gli resta che attaccarsi alla propria cittadinanza, unico elemento che li contraddistingue, essendo il resto della loro esistenza votata al più indistinguibile anonimato. Ciò basta a creare un "noi" e un "loro" capace di generare senso di benessere: quello che si porta dietro il gesto egoista e malvagio di escludere qualcuno, ben attenti ad avere alle spalle una moltitudine di simili che rende il peccato diffuso e per ciò stesso impunito e senza responsabili. Gli aghi si impennano. Ho già visto questo copione accadere più volte con i candidati che ottengono picchi di consenso in occasione delle dichiarazioni finali, ma poi si sgonfiano subito dopo.
Infine viene il turno del terzo candidato. Mantiene il suo tono imperturbabile e comincia col dire, il matto, che non è qui per convincere nessuno e che lui è stato fin troppo chiaro nel descrivere gli orizzonti della sua eventuale azione di governo. Lo ha fatto prestando grande attenzione sia verso i massimi sistemi che nei confronti delle singole problematiche. E adesso non è qui con il cappello in mano a richiedere voti.
ui non insegue nessuno.
E poi aggiunge in un trionfo di autolesionismo che per anni il popolo italiano ha scelto i peggiori candidati a disposizione e che, pertanto, il popolo italiano ha sbagliato.
Che non deve essere lui a inseguire gli errori degli elettori, ma gli elettori a inseguire lui.
Che non è lui a dover essere all'altezza degli elettori, ma sono gli elettori che devono essere alla sua altezza e che devono dimostrarlo scegliendo la strada per un progresso vero che non sia solo chiacchiera e parola e che abbia il coraggio di affrontare un rinnovamento sociale e culturale, prima ancora che politico.
Che devono accettare di appoggiare tutto quello che c'è da fare per restaurare il legame tra il valore del denaro e ciò che questo rappresenta nel mondo reale.
Nel mondo abitato dalla maggioranza delle persone.
"Rendetemi orgoglioso di avervi come elettori!"
Poi conclude e in sala, tra gli addetti c'è un certo brusio.
Il dato del suo consenso è colato a picco. Gli elettori si sa sono piuttosto permalosi.
La prossima settimana il tipo verrà eliminato. Forse dimenticato. I partiti provvederanno a mandare qualcun altro.
Ho appena il tempo per vedere che il terzo candidato viene consolato dal suo Spin Doctor. La cosa mi sorprende: sembrava uno che davvero credeva in quello che diceva e invece come tutti non faceva altro che ripetere roba che altri avevano scritto per lui.
La cosa che mi sorprende di più è vedere che il suo spin doctor è proprio Massimo Magnani. Il mio vecchio socio.
Alla fine si finisce tutti qui, amici miei. A tentare magari qualche approccio alternativo. Ma ciò che conta è se ti muovi per primo.
Domani sarà il tempo di un'altra puntata con altri grafici e altre pretenziose dichiarazioni.
Ciò che resta, imperturbabile e immutabile, sono io.
Nel mio completo grigio.
Vi aprirò le porte di casa e vi farò entrare.

Nessun commento:

Posta un commento