giovedì 12 marzo 2015

SETTANT’ANNI DOPO CARLO LEVI, FERMARSI A EBOLI OGGI

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Questo articolo è uscito sul Venerdì di Repubblica. Ringraziamo l’autrice e la testata. (Nell’immagine, “Lucania” di Carlo Levi . Fonte immagine)

EBOLI (Salerno) «Cristo si è davvero fermato a Eboli, dove la strada e il treno abbandonano la costa di Salerno e il mare, e si addentrano nelle desolate terre di Lucania». In piazza Carlo Levi, queste prime righe di Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi sono scolpite sul piedistallo del busto di Carlo Levi, eseguito da studenti e insegnanti del liceo artistico Carlo Levi. In calce: La città di Eboli a ringraziamento per la notorietà resa, 4 settembre 1999.

Nella vita, diceva Oscar Wilde, c’è solo una cosa peggiore dell’essere chiacchierati, ed è non esserlo affatto. Quindi la cittadinanza rende grazie. Perché nonostante i reperti neolitici, la dignità di Municipium, il castello eretto da Roberto il Guiscardo, la casa dove dormì Garibaldi la notte prima di entrare a Napoli, il Me ne frego!(delle sanzioni) pronunciato da Mussolini proprio qui, Eboli stava uscendo dalla Storia. Ma Levi ce l’ha rinfilata con il suo romanzo autobiografico che racconta undici mesi di confino trascorsi fra il 1935 e il 1936 prima a Grassano, distante 128 chilometri e poi ad Aliano (140 km), nella desolata Lucania, appunto. Che è una regione storica dell’Italia antica cui Eboli (28 mila anime) formalmente, non appartiene da secoli. Levi la cita come confine tra due mondi e due tempi: dove i contadini erano trattati da cristiani, cioè da uomini, e dove invece da bestie.

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